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La scorsa settimana, Giorno dei Morti, mi sono fatto un giro al cimitero di Cagliari. Un bel casino, te lo dico. Gente che si stressava per un parcheggio, che si scannava per un mazzo di fiori, che spolverava le lapidi come se fossero vetrine da parrucchiere. L’aria cambiò quando iniziai a camminare tra tutte quelle croci e quelle tombe, c’era una pace che ti tagliava le gambe. Era come se il tempo si fosse fermato, nessuno aveva più fretta, nessuno doveva più andare da nessuna parte. L’unica cosa che contava era ricordare le persone care che non c’erano più.

 

 

 

 

La Morte, un approccio filosofico su un mistero insondabile

Il vantaggio di avere un collega che ha studiato filosofia, oltre a quello di lanciarsi in supercazzole citando all’occorrenza argomenti e paradossi, è quello di offrirti una prospettiva diversa. Slegata dal The Game digitale, al riparo dall’insurrezione dell’AI, ho lanciato a Stefano una sfida. Gli ho detto: “Senti, se vuoi dire la tua su questo argomento, fallo pure, ma senza troppi giri di parole e fanculo alla SEO”.

 

La domanda “Che cos’è la morte?” è tra le più difficili da affrontare. Definirla in modo esaustivo pare impossibile, eppure, partendo da una semplice riflessione, la si può osservare come una “cessazione delle funzioni vitali”. Da un punto di vista biologico, la morte è la fine della vita, ma alcuni filosofi sostengono che, in un certo senso, l’esistenza può proseguire attraverso la memoria e l’eredità che lasciamo. Aristotele, per esempio, sosteneva che la nostra immortalità risiede nella capacità di generare e nel lasciare tracce di noi nel mondo, come fanno poeti e artisti attraverso le loro opere. Ma cosa accade quando nessuno ricorda più un individuo? Forse la vera morte è l’oblio, la totale sparizione dalla memoria collettiva.

La filosofia greca, per esempio, ha tentato di comprendere la morte attraverso il mito, creando personificazioni come Thanatos, il Dio della Morte, figlio della Notte e fratello di Ipno, il Sonno. Questa associazione con il sonno evoca un’idea della morte come di qualcosa di naturale che si avvicina al nostro stato di incoscienza notturno. Il tentativo di umanizzare la morte è una costante che troviamo in molte culture.

Un altro aspetto cruciale che voglio sottolineare è legato al modo di affrontarla: bisogna temerla o accettarla? La paura della morte, infatti, è radicata nel nostro istinto di sopravvivenza. Tuttavia, come suggerisce la filosofia stoica, accettare la nostra mortalità ci permette di vivere in modo più autentico. Secondo Heidegger, infatti, solo attraverso la consapevolezza della morte possiamo vivere pienamente, scegliendo di non sprecare il nostro tempo e compiendo scelte che abbiano valore e significato.

 

 

 

 

Cimiteri come dei giardini della memoria

L’idea mi è venuta in mente un sacco di tempo fa, mentre sbirciavo tra le tombe con mia nonna. Il cimitero, con tutti quei cipressi e le cicale che strillano, non è proprio un posto dove ti aspetti di trovare la tecnologia, no? Ma io la volevo, eccome se la volevo. Non quella roba pacchiana dei cimiteri virtuali, con tutte quelle gif colorate e le bachechine dei messaggi come nei vecchi forum. No, io volevo qualcosa di più… di più vivo. Che ti portasse a vivere quel luogo (perdonami il gioco di parole), non solo a guardarlo da uno schermo.

 

Immaginavo un’esperienza immersiva, fatta di emozioni, storie e ricordi

 

Immaginavo un parco della memoria dove potersi immergere completamente sentendo le emozioni, le storie, i ricordi di chi non c’era più. Un giardino dove si potesse quasi toccare il passato. Un luogo dedicato alle persone che hanno costruito la tua città e che ci hanno lasciato il compito di portarla avanti. Questo è il cimitero, non trovi?

Ricordo quelle passeggiate mentre seguivo mia nonna che, andando a intuito, cercava il percorso per raggiungere amici e parenti. Mi soffermavo a osservare le dinamiche, il comportamento dei visitatori. Un branco di curiosi, tutti a ficcare il naso nelle vite degli altri, ma questo è un fottuto Facebook pensavo. Sbirciavano le foto, leggevano nomi, date di nascita, quelle di scadenza, e poi? E chi se ne frega di quello che c’è stato in mezzo, un’esistenza intera, ridotta a due numeri su un pezzo di marmo.

Io volevo sapere le storie, le vere storie. Chi era quella tipa nella foto? Aveva mai rapinato una banca? Cosa aveva combinato nella sua vita? Tempi diversi, ma poi, se ci pensiamo bene, saranno stati mai così diversi dai nostri?

 

 

 

 

Il ruolo della tecnologia nei servizi funerari

La commemorazione e l’elaborazione del lutto nel post digitale

La tecnologia sta rivoluzionando il modo in cui viviamo e moriamo. Il settore dei servizi funerari non fa eccezione. Sempre più spesso, le cerimonie funebri si avvalgono di strumenti digitali per rendere gli ultimi saluti sempre più personalizzati e accessibili. In passato ai funerali c’era solo l’esposizione di una fotografia mentre oggi si stanno diffondendo nuove soluzioni come presentazioni, ologrammi e video commemorativi. Anche in Italia questa tendenza nascente dimostra come la tecnologia possa arricchire la cerimonia e aiutare nel processo di elaborazione del lutto. La pandemia ha accelerato questi cambiamenti, rendendo i servizi funebri più personalizzati, accessibili e digitali.

 

 

 

Ho messo un QR Code sulla lapide dei miei nonni

Trovare le giuste parole e le giuste immagini per raccontare una persona cara non è facile, soprattutto quando si tratta di condensare una vita intera. Ma la musica aiuta, scegliendo la colonna sonora poi ti rendi conto quali sono le foto più significative e ti ritrovi a recuperare cose in vecchi telefoni che per fortuna si accendono ancora.

In un video di quattro minuti ho aperto una piccola finestra e con un QR code su una lapide lo resa raggiungibile a chi ci si volesse affacciare. Le persone si fermavano, scansionavano, le ho viste sorridere, qualcuna commuoversi. Sembra un’eresia, lo so. Ma per me è un modo per tenere vivo il loro ricordo, un omaggio personale a due persone straordinarie. All’inizio qualcuno pensò che fosse strano, quasi blasfemo. Ma poi ha capito. Non è diverso dal lasciare un fiore o accendere una candela. È solo un altro modo per ricordare.
 

IMMAGINE DI COPERTINA TRATTA DAL FILM Il posto delle fragole.

 

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