Non mi dispiace non me ne pento.
Se conosci questa espressione, vuol dire che molto probabilmente sei un millennial e che sai già di cosa stiamo per parlare. Se non la conosci, ti invito a guardare uno dei più famosi video di affermazione del proprio credo cristiano che girava circa quindici anni fa su Facebook in Italia.
Una ragazza, una chitarra, un preadolescente e una canzone su Gesù
Sembra l’inizio di una barzelletta e invece qua vogliamo provare ad affrontare (seppur in maniera molto generica), con gli strumenti della comunicazione, un fenomeno sociologico ormai parecchio comune: la promozione del proprio credo (in questo caso cristiano cattolico) attraverso le piattaforme social. Giusto o sbagliato che sia, a noi non interessa dare giudizi di merito. Posto che fortunatamente viviamo in un Paese in cui esiste ancora la libertà di espressione del proprio pensiero, della propria religione e del proprio orientamento sessuale (in un’altra sede metteremo in crisi anche questo, ma non oggi), concentriamoci su un fenomeno che merita la nostra attenzione. Ma per farlo, prima, facciamo un breve riassunto degli ultimi duemila anni di storia del cristianesimo in chiave comunicativa.
La diffusione dei primi messaggi cristiani attraverso la simbologia: Ichtys
I primi cristiani non se la passavano bene, la loro religione era perseguitata perché ritenuta politicamente pericolosa per la struttura statale dell’Impero romano: una religione che promulgava non solo l’esistenza di un solo dio, ma che addirittura riteneva che tutti fossero uguali, era una minaccia alla struttura sociale e politica di un impero che durava da millenni. Inoltre, proprio perché soffocati e spesso trucidati i cristiani nei primi secoli erano soliti compiere sommosse e atti di ribellione. Le cose si ribaltarono quando il cristianesimo venne ufficializzato come religione di Stato fino ad arrivare, una volta conquistato il potere, a vere e proprie persecuzioni nei confronti dei precedenti culti (una fra le più famose, probabilmente, fu quella ad Alessandria nel V sec. D.C, in cui venne assassinata la celebre matematica, astronoma e filosofa Ipazia).
Ma durante le persecuzioni come facevano i cristiani a riconoscersi e a riunirsi? Con il simbolo di un pesce
Nei primi tre secoli dopo Cristo, il greco era come è oggi l’inglese. La lingua commerciale più diffusa e più parlata da tutte le popolazioni. I cristiani, che nei primi secoli utilizzavano il greco per diffondere il messaggio del loro culto, per celarsi alla legge utilizzavano proprio una parola greca: ΙΧΘΥΣ (ichthys), che veniva utilizzata come acronimo per Iēsoûs Christós Theoû (h)yiós sōtḗr , ovvero: “Gesù Cristo figlio di Dio Salvatore”. In parte è grazie a questa simbologia se il messaggio cristiano si è potuto diffondere in tutti quei secoli di persecuzione.
Il Medioevo e i primi tentativi di Marketing
Con il sorgere del Medioevo, la Chiesa fondava il proprio regno sulle ceneri dell’Impero Romano, con un potere politico, religioso e pedagogico che ha posto le basi per la cultura occidentale. La Chiesa Cristiano Cattolica è stata per certi versi il primo brand riconoscibile in termini di marketing, per cui possiamo dire che le basi della comunicazione c’erano già. Con il passare dei secoli, grazie alla metafisica classica i teologi cristiani deducevano le fondamenta ontologiche del proprio culto. Nel frattempo, con le crociate del XII e XIII secolo, l’esercito armato del papa era sempre pronto a ribadire con lame e acciaio quale fosse (l’unico) dio che era necessario pregare.
Scusi, ha due minuti per parlare di Gesù (sui social)?
Facciamo un enorme balzo temporale in avanti. Arriviamo ai giorni nostri e guardiamoci intorno. Sul social X (ex Twitter), considerando gli account ufficiali suddivisi in nove lingue, la pagina social ufficiale del papa supera i quaranta milioni di follower. Su Instagram c’è ancora da lavorare (siamo “appena” a sette milioni, che sono comunque venti milioni in meno di quelli di Chiara Ferragni) ma sono comunque numeri importanti.
L’account del papa viene utilizzato per comunicazioni istituzionali, ma le cose si fanno diverse se consideriamo le iniziative dei singoli
C’è chi fa il divulgatore scientifico, chi parla di make-up e poi chi parla di Gesù. Sono gli influencer di Cristo o i predicatori 2.0: persone comuni che condividono il loro amore e la loro passione per il proprio culto. E lo fanno attraverso i social media. Il fenomeno ha, come capita spesso per i social media, i principali esponenti in America, ma anche qui da noi in Italia, seppure con numeri decisamente inferiori, troviamo content creator impegnati su Canva per impostare la grafica migliore per il messaggio di Gesù. Giovani laici ma anche preti influencer, che si cimentano in balletti su Tik Tok e rendono l’oratorio un luogo più social friendly e al passo con i tempi: da don Ambrogio con i suoi 371.000 follower a don Roberto Fiscer, che può vantare sulla stessa piattaforma ben oltre 641.000 follower.
Le dinamiche non sono poi così diverse dal resto.
C’è una domanda e c’è chi propone l’offerta
Qualcuno penserà che queste persone offendano il vero messaggio del loro dio. Altri sosterranno che bisogna adattarsi agli strumenti che si utilizzano al giorno d’oggi, e che va bene così. Noi qua diciamo che medium is the message, e che anche la religione è un prodotto. E che quindi può essere impacchettato e “venduto”. D’altro canto, ridotto il discorso ai minimi termini, quello che si sta condividendo è uno stile di vita. C’è chi lo fa attraverso uno sport, c’è chi lo fa attraverso un’ideologia politica.
La religione è un modo di stare al mondo, costruito su un codice morale ben definito (così come lo è la politica e il fitness). E se non vuole morire, in termini di comunicazione è giusto che anche preti e divulgatori laici abbiano il loro spazio e trovino sempre nuovi modi di esporre e promuovere il proprio pensiero. Ricordandoci che, se secoli fa parlare di Gesù poteva costare la vita, oggi lo si può fare mentre ci si riprende con il proprio smartphone e si fa un balletto. Meglio così.
IMMAGINE DI COPERTINA TRATTA DAL FILM Maria Maddalena.
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