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Così e così. Fra i soliti alti e bassi, riprese post-pandemiche e minacce di guerre nucleari su scala globale, possiamo dire che tiriamo avanti. Personalmente è stato un periodo molto difficile e complesso (ho fatto l’ennesimo trasloco: stavolta da Milano a Cagliari; a Cagliari ho cambiato due case, e a novembre scorso è nata mia figlia) ma, in qualche modo, bellissimo. Soprattutto pieno, lavorativamente parlando. Pieno di progetti, persone, occasioni sfumate (per fortuna) e altre che ho dovuto intraprendere (per sfortuna). Un anno di nuove relazioni professionali, per me (sono l’ultimo arrivato nel Dirty Team), con questi fuori di testa che sono i membri del Dirty Work.

 

Sei stanco? Ma se lavori con i social!

 

A questa domanda vorrei rispondere sempre in un unico modo: vai a farti fottere. Ma l’etichetta mi impone di scegliere altre strade, tipo, è un lavoro che richiede un enorme sforzo intellettuale e creativo, a fine giornata ti si incrociano gli occhi e le solite cose. Dal mio punto di vista, ho da dire solo questo: mi sono fatto il culo gli anni scorsi con una formazione infinita, e per pagarmi quella formazione ho fatto una miriade di lavori, ci mancherebbe altro che adesso non mi goda i frutti di questo sforzo immenso. E lo dico con reale pacatezza, perché si tratta di una naturale conseguenza delle cose. Certo, se fossimo nel mondo ideale. Ma nella realtà, io sono l’eccezione. Ma sul discorso formazione e lavoro, parleremo un’altra volta.

 

 

 

 

Facciamo i conti: che cosa ci rimane di quest’anno, dal punto di vista umano?

Perché di tutti i lavori, alla fine è questo quello che conta. Le relazioni. È la cosa su cui qui nel Dirty World puntiamo prima di ogni altra cosa. Se la relazione non va, allora neanche il lavoro può andare. Che sia chiaro, non è che abbiamo in ufficio un cartello con su scritto “La relazione è la cosa più importante!”, anche perché non abbiamo un ufficio. Ma è una cosa che si sente nell’aria. Ed è una delle cose che mi piace di questo lavoro, e dell’essere una partita Iva (a proposito di p. Iva, qui ho scritto un paio di robe recenti).

A fine anno è importante questa cosa, perché non è un’ulteriore forma di stanchezza che devi aggiungere. Ci prendiamo il nostro tempo, che è la cosa più importante. Qualcuno di voi avrà letto che, in altri posti, le cose non vanno così bene, come ad esempio lo scandalo che è esploso che un po’ ci fa pure vergognare di esistere.

 

Ma, dicevamo, che le relazioni sono importanti. Così come è importante lavorare per dei progetti che hanno un reale valore, come ci è successo quest’anno. C’è stata infatti l’opportunità di tirare su un progetto per una piccola onlus, l’Associazione Speranza Per Un Bambino che si impegna in progetti di solidarietà sociale nella repubblica Democratica del Congo. Perché sono queste le cose che ti rimangono, alla fine. Sarà uno stereotipo ma è vero.

 

 

 

 

Less is more. Lavorare meno per lavorare meglio.

Premessa doverosa: non tutti si possono permettere di rifiutare lavori. Ci sono le bollette da pagare, le tasse, il mutuo, le rate dell’auto e l’abbonamento a Netflix. Ma a volte (il più delle volte) è meglio concentrarsi su pochi lavori, ma farli bene. Perché sono quelli per cui, se da un lato puoi dedicargli molto più tempo ed energie, dall’altro di fanno un signor portfolio. È stato questo un altro dei nostri obiettivi, come dice bene Tiziana, mentre chiacchieriamo: “Questo va per me nella direzione che voglio dare al mio lavoro nei prossimi anni: meno, ma meglio”. E chi non lo vorrebbe. Ribadisco che non è facile, che c’è sempre la paura dietro l’angolo di non arrivare a fine mese. È una cosa che richiede tempo, e va costruita piano piano. Ma è fondamentale. Così come bisogna mettersi in testa che lavorare 16 ore al giorno week end compresi, quale che sia il lavoro, non ha senso.

Quest’anno questa è una di quelle cose che sicuramente abbiamo imparato: non prendere tutti i lavori a tutti i costi. Semplicemente, alcune cose non fanno per noi o, più orgogliosamente, non ci interessano.

 

 

 

 

I nostri progetti per il futuro. O qualcosa del genere.

Una delle mie reazioni alla pandemia è stata non fare più progetti a lungo termine. A volte, se mi chiedono il martedì se voglio organizzare qualcosa per il week end, rispondo: è troppo presto, chissà cosa succede da qui al week end. E nemmeno ora che posso definirmi adulto, e faccio quelle cose da adulto, mi piace organizzarmi con lungimiranza. È che, semplicemente, non credo nel futuro come valore positivo per la mia vita. Mi rendo conto di quanto possa apparire catastrofista, ma la speranza è un valore che non ci appartiene più, come generazione. Sicuramente, una cosa che ci siamo messi in testa come Dirty Work è di non pensare che le competenze accumulate fino ad ora (e non sono mica poche), possano certo bastarci. In un mondo in cui l’intelligenza artificiale si sta affacciando in ogni ambito, incluso quello della Comunicazione, e spuntano nuovi social media come funghi, bisogna avere la pazienza di studiare, costantemente, infaticabilmente, ogni giorno.

Siamo dei creativi, certo, ma sappiamo anche bene che il motore della creatività è lo studio, la disciplina, la formazione costante.  Bisogna anche avere la capacità di guardarsi alle spalle. Di capire cosa è successo. Di fermarsi quando è il momento di farlo, come in questo caso, per capire se questa è la direzione giusta. Per noi, il segreto è sempre rispondere con un punto di domanda.
 

IMMAGINE DI COPERTINA TRATTA DAL FILM Dune.

 

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